Progetto

“La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettivita' delle tutele

Relazione dell’Unità di Ricerca di Bari – Coord. Locale: Prof.ssa C. Serino Università degli Studi di Bari

Focus Group    Considerazioni finali     Colloquio - Intervista con alcuni lavoratori immigrati


Il Progetto di Ricerca

Il Progetto “La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato:  monitoraggio del fenomeno ed effettività delle tutele” nasce dalla collaborazione tra l’UNAR (Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica), l’Associazione Multietnica di Intercultura e Servizi per Immigrate e Immigrati “Sarowiwa”, l’Università di Bari, l’Università di Lecce, e il CESTIM di Verona.
Tale Progetto ha avuto come obiettivo quello di realizzare una inchiesta diretta a verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori verso gli immigrati all’interno di contesti lavorativi.
La prima fase di realizzazione del Progetto ha previsto la messa a punto (attraverso una fase di confronto, generazione dei quesiti, e verifica della loro appropriatezza attraverso un pre-test), l’individuazione del campione, e la somministrazione di 636 questionari, raccolti tra marzo-giugno 2007 nelle province di Bari, Verona, Lecce e Brindisi.
In una seconda fase, invece, si è proceduto con la realizzazione di diversi focus groups (eseguiti dalle tre Unità di Ricerca), la cui struttura e i cui contenuti sono stati definiti in base ai risultati emersi nella prima fase del Progetto.
Il questionario utilizzato per la ricerca quantitativa ha voluto investigare il tema della discriminazione etnica lavorativa secondo un duplice punto di vista: ovvero l’analisi della discriminazione oggettiva e l’analisi della discriminazione percepita da parte di immigrati sul territorio italiano.

Il Campione della ricerca

Le due macroaree citate, hanno rappresentato il punto centrale di tutta l’inchiesta. Attraverso l’utilizzo del questionario, a ciascuno dei 636 partecipanti sono state poste circa 40 domande connesse al tema della discriminazione che avevano come obiettivo quello di monitorare il fenomeno oggetto di studio da diversi punti di vista, oltre che una serie di domande utili per ottenere informazioni relative alla diversa stratificazione del campione considerato.
Lo studio, in particolare, ha coinvolto 260 donne e 376 uomini residenti nelle tre province coinvolte nel Progetto, ovvero Bari, Lecce-Brindisi e Verona. In dettaglio, l’Unità di Bari ha intervistato 140 immigrate e immigrati presenti sul territorio, l’Unità di Lecce-Brindisi 100, mentre Verona  ha contattato 396 persone.
Sul totale dei partecipanti (N = 636) 309 hanno una età compresa tra 20-34 anni;  302, invece, hanno tra i 35 e i 54 anni. Infine, 20 intervistati hanno dichiarato di avere un’età uguale o superiore a 55 anni, e solo 5, invece, sono gli intervistati “giovanissimi” (15-19 anni).
Per quanto riguarda il Paese di origine degli intervistati, la maggior parte del campione proviene dall’Est europeo (46,5%), il 21,4% dal Nord Africa, il 13,6% dall’estremo Oriente, il 13,3% dall’Africa centro-meridionale, mentre il 5,2% dei partecipanti proviene dal Sud America.
Ai partecipanti è stato anche chiesto di indicare il proprio livello di scolarizzazione. A tale proposito, il 46,1% del campione dichiara di aver frequentato le scuole superiori, il 32,7%, invece, si è fermato alla scuola dell’obbligo. Un dato interessante consiste nel fatto che solo il 5,5% dei partecipanti è non scolarizzato, mentre il 15,7% ha frequentato l’Università.
In linea con gli scopi del presente Progetto, ai partecipanti è stato altresì chiesto di indicare il settore lavorativo di riferimento. Gli immigrati intervistati sono impegnati per lo più nei servizi (33,5%), ed circa in ugual misura nel lavoro domestico (18,2%) e nell’industria (17,6%). Il 14,2% dei partecipanti, invece, lavora nell’edilizia, mentre il restante 16,5% svolge la propria attività lavorativa nel settore dell’agricoltura e agro-alimentare.

La percezione di discriminazione: dati nazionali e dati raccolti nell’area barese

La tematica della discriminazione percepita e la discriminazione oggettiva da parte degli immigrati, che rappresentano le due macroaree centrali del presente Progetto, è stata affrontata da diverse domande presenti nel questionario. Tuttavia, le tre Unità di Ricerca hanno ritenuto opportuno concentrarsi su alcune tra le dimensioni più interessanti.
Per l’analisi della discriminazione percepita sono state analizzate le risposte alla domanda: “ti sei mai sentito vittima di discriminazione nel tuo ambiente di lavoro?” (Domanda 40), mentre per l’analisi della discriminazione oggettiva sono stati considerati come indicatori le risposte a due domande del questionario, che permettono una valutazione temporale riferita al passato e al presente: “ti hanno mai detto esplicitamente che non potevano darti un posto di lavoro – in nero o con regolare contratto – perché sei straniero o di una particolare nazionalità?” (Domanda 14), e: “rispetto ai tuoi colleghi ti viene/veniva richiesto di lavorare di più, lo stesso o di meno?”, (Domanda 37.4, vedi Questionario allegato).
In merito alla “discriminazione percepita”,  i dati emersi attraverso l’analisi dei dati risultano essere interessanti: il 39,6% del campione ha dichiarato di essersi sentito vittima di discriminazione sul lavoro, mentre il restante 60,4% risponde in modo negativo. Tra coloro che si sono sentiti discriminati, il 35,7% sono donne (64,3% di uomini), il 48,8% ha un’età compresa tra 20 e 34 anni, il 48% tra i 35 e 54 anni, il 2,4% invece ha 55 anni e oltre, infine lo 0,8% ha tra i 15 e i 19 anni. Tra i settori lavorativi più legati alla percezione di discriminazione, l’ambito dell’Industria (52.7%), insieme all’Edilizia (52.2%) sono quelli più rappresentati. Coloro che invece, non si sentono o non si sono sentiti vittima di discriminazione sul lavoro sono gli immigrati impiegati nel settore agricolo (27.4%). gli immigrati che si percepiscono come discriminati (sul totale dei partecipanti, N = 636) provengono dal Nord Africa (62.2%), dal Sud America (36.4%) e dall’Est Europa (35.4%, vedi tab. 1). Inoltre, sono principalmente gli immigrati con un livello di scolarizzazione medio – alto a sentirsi più discriminati rispetto alle altre categorie. Il 46.1% di coloro che hanno frequentato le scuole superiori e il 43.0% di coloro che possiedono una Laurea dichiarano, infatti, di essersi sentiti vittima di discriminazione.
Per quanto riguarda la religione infine sono gli islamici a rappresentare la categoria di maggiore frequenza (51.8%).

Tab 1: Ti sei sentito mai vittima di discriminazione?
Distribuzione delle frequenze in funzione del paese di origine in categorie


L’unità di Bari ha intervistato 140 immigrati (49 donne e 91 uomini provenienti da diversi paesi (46%: Est Europa, 23,7% Nord Africa, 12,9% Africa Centro Meridionale, 12,2% Estremo Oriente, 5% Sud America). Per quanto riguarda l’età degli intervistati, il 51,4% ha un’età compresa tra i 20 e i 34 anni, mentre il 42,9% ha tra i 35 e i 54 anni. In linea con le proporzioni del campione totale, le persone con 55 anni o più rappresentano il 5%, mentre lo 0,7% dei partecipanti alla ricerca dichiara di avere tra i 15 e i 19 anni. Inoltre, l’80,7% degli immigrati coinvolti dall’Unità di Bari ha potuto frequentare la scuola dell’obbligo (30,7%) o le scuole superiori (50,0%). Per quanto riguarda la religione, il 36,4% del campione è islamico, mentre il 19,3%, è cristiano. Infine, il 21,4% dei partecipanti non risponde a questa domanda.
La distribuzione del campione rispetto al settore lavorativo invece, si discosta dai valori nazionali: gli immigrati intervistati lavorano, infatti, principalmente nel settore dei servizi (31,0%), nell’agricoltura (20,0%) e infine nell’industria (17.1%).
Nello specifico caso degli immigrati contattati sul territorio barese, dichiarano di essersi sentiti vittima di discriminazione il 41,4% del campione. Tra questi, sono principalmente i maschi (46.2% sul totale dei maschi coinvolti nel campione di Bari) rispetto alle donne (32.7%), e gli immigrati tra i 35 e i 54 anni (43.3%). Inoltre, sono gli immigrati, di origine africana (60.6% di tutti gli africani interpellati, vedi tab. 2), gli islamici (51.0%) e coloro che operano nel settore dell’industria (33.3%) e nel lavoro domestico (32.3%). 

Tab 2: Ti sei sentito mai vittima di discriminazione?
Distribuzione delle frequenze in funzione del paese di origine in categorie nel campione di Bari



La discriminazione oggettiva: esperienze passate e il presente

In riferimento alla “discriminazione oggettiva” riferita al passato, il 9,4% degli intervistati (N = 636) risponde in modo affermativo alla domanda: “ti hanno mai detto esplicitamente che non potevano darti un posto di lavoro  ... perché sei straniero ...?”. Tra le donne, il 10.8% ha  personalmente vissuto una discriminazione nel mondo del lavoro. Nel campione nazionale, sono gli immigrati sud americani ad essere stati discriminati nella ricerca di un lavoro a causa della propria provenienza (24,2% tra tutti i partecipanti provenienti dal sud America).
Il settore lavorativo a cui fanno riferimento i nostri partecipanti a proposito della discriminazione dal lavoro a causa del proprio paese di provenienza è il settore agricolo (16,4%). Inoltre, sono i laureati a riferire di aver vissuto tale forma di discriminazione in misura maggiore rispetto agli immigrati con livelli di scolarizzazione inferiori (15,%). Anche nel sottocampione di Bari la percentuale di immigrati che riferisce di non aver ottenuto un lavoro perché straniero è esigua (10,7%) ed in linea con i valori nazionali. Come per il campione nazionale, è il settore agricolo a fotografare il quadro più complesso (28,6%), mentre per quanto riguarda la discriminazione e le differenze di genere, a differenza dei dati nazionali, nel territorio barese sono più i maschi che le donne a riferire di episodi di discriminazione. All’86,7% del campione maschile, infatti, è stato esplicitamente rifiutato un posto di lavoro perché immigrati stranieri. E’ possibile effettuare le stesse considerazioni sulla discriminazione oggettiva subita dai partecipanti allo studio seguendo le risposte alla domanda: “Rispetto ai tuoi colleghi italiani, ti viene richiesto di lavorare per più tempo?”. Il 3,6% del campione totale intervistato (N = 636) risponde affermativamente.
Ancora una volta, sono i maschi (68,4%) e coloro che lavorano nell’agricoltura (6,8%), provenienti dall’Africa centro-meridionale (4,8%) e dal Nord Africa (4,4%) a sentirsi più discriminati rispetto agli altri immigrati.
Anche nella città di Bari e provincia si prospetta una situazione simile a ciò che emerge dall’analisi dei dati sul campione nazionale. Il 3,6% del campione, come nel caso dei dati nazionali, dichiara che al lavoro è chiesto (o gli è stato chiesto) di lavorare per più tempo rispetto a colleghi italiani. In questo specifico caso, però, il dato riguarda non solo il settore dell’edilizia (12,5%), ma anche quello del lavoro domestico (5,0%).

Il contributo dei focus group all’analisi della discriminazione

I dati emersi per ciascuna Unità coinvolta nella ricerca hanno consentito a ciascuno di strutturare di pianificare la propria “discussione di gruppo” in funzione delle specificità dei dati stessi.
La tecnica del focus group è definita come una discussione di gruppo guidata da un moderatore, inerente  tematiche che si vogliano approfondire. Infatti, deve essere effettuata una puntuale pianificazione delle domande da porre ai soggetti e degli argomenti da affrontare a monte della conduzione del focus group. Proprio per questo motivo, anche la scelta dei partecipanti deve essere effettuata secondo precisi criteri. Il primo dei quali è che i partecipanti è preferibile che siano in qualche modo testimoni privilegiati dell’oggetto di studio e discussione. Il focus group permette, infatti, di raccogliere in poco tempo e a costi bassi informazioni molteplici e variegate su un argomento che si è scelto di approfondire. Inoltre, aggiunge profondità di analisi all’interpretazione di risultati quantitativi e li arricchisce attraverso le conoscenze e le esperienze portate dai vari soggetti interpellati per il focus group. I protagonisti indispensabili del focus group sono il moderatore, l’osservatore e i partecipanti. Il moderatore ha il compito di condurre la discussione degli argomenti prefissati, favorendo la partecipazione di tutti gli intervistati e la valorizzazione di tutti i punti di vista, creando un clima accogliente e non giudicante. L’osservatore ha il compito di annotare gli elementi e le dinamiche che emergono maggiormente durante il focus group. Infine, i partecipanti sono i veri protagonisti della ricerca per cui vengono selezionati in base a caratteristiche in comune che li mettano in relazione alla tematica da approfondire. Sulla questione di quanto un gruppo debba essere omogeneo. Il gruppo messo a punto per il focus group può essere più o meno omoegeneo al suo interno. Tale scelta, infatti, deve riflettere gli scopi della ricerca, per cui se si vuole approfondire una tema particolare, l’omogeneità è preferibile, mentre se si vogliono raccogliere informazioni su un oggetto di ricerca ancora inesplorato, l’eterogeneità dei partecipanti più agilmente può far emergere spunti di riflessione e punti di vista nuovi.  Anche l’Unità di Bari ha effettuato scelte mirate nella pianificazione del focus group. Abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti della discriminazione nell’ambito lavorativo degli immigrati residenti nella città di Bari. A tal fine, abbiamo deciso di creare un gruppo omogeneo dal punto di vista del Paese di origine, ed eterogeneo per genere, età e attività lavorativa. Abbiamo scelto di interpellare dei lavoratori rumeni, la cui presenza nel nostro territorio negli ultimi mesi è diventata emblematica e foriera di accesi dibattiti. Infatti, recentemente alcuni rom provenienti dalla Romania sono stati protagonisti di diversi episodi di cronaca nera. I mass media italiani hanno riportato questi episodi non distinguendo tra rom e rumeni  e questo ha influito sugli atteggiamenti dell’opinione pubblica verso i rumeni, considerati una categoria sovraordinata.Tra i vari episodi per lo più di violenza e furto riportati dai mass media, il più eclatante è stato sicuramente quello che ha visto un rom (il 24enne Nicolae Romulus Mailat), colpevole di aggressione e di omicidio di una donna romana, (Giovanna Reggiani, 47 anni) lo scorso 30 Ottobre. Inoltre, dopo la pubblicazione del decreto sulle espulsioni sulla Gazzetta Ufficiale nei primi di Novembre, a Milano e Roma i Prefetti hanno firmato le prime espulsioni e sono state sgomberate delle aree occupate dai nomadi. Questi vengono considerati come una minaccia alla sicurezza dei cittadini, per cui è stata approntata la linea dura nei loro confronti. Quindi, alla luce di quanto riportato dai mass media nella vicende di cronaca e dei vari dibattiti politici su come regolamentare al meglio la presenza di questa popolazione sul nostro territorio, abbiamo ritenuto opportuno considerare il punto di vista dei diretti interessati. Ci è sembrato interessante infatti, approfondire la tematica della discriminazione lavorativa, chiedendo a queste persone, se si sono mai sentite discriminate e in che termini. Più in profondità, abbiamo cercato di capire se anch’esse, come la maggior parte del campione nazionale, non si sono mai sentite discriminate, oppure se i fatti di cronaca e l’atteggiamento più ostile degli italiani negli ultimi tempi abbia inciso sulle loro condizioni lavorative. 
Abbiamo condotto un focus group di circa un’ora e mezza con quattro partecipanti rumeni, e con l’ausilio di un moderatore e un osservatore. I nostri partecipanti si differenziavano tra di loro per genere, età e attività lavorativa, nonché per anni di residenza in Italia. L’età dei partecipanti è compresa tra i 30 e i 60 anni circa. Il focus group è stato audio-registrato. Abbiamo assegnato arbitrariamente a ciascuno una lettera dell’alfabeto a cui associarlo.

Abbiamo quindi:
A: Assistente ad anziani; F; Residente da 3 anni
B: Assistente ad anziani; F; Residente da 2 anni e mezzo
C: Inserviente in una salumeria….M; Residente da 1 anno e due mesi
D: Colf, baby sitter e lezioni private di francese;  F; residente da 1 anno

Sebbene il gruppo sia numericamente ridotto, sono ugualmente emersi spunti di riflessioni molto interessanti e variegati. Infatti ci siamo resi conto di quanto esperienze differenti di attività lavorative determinino a loro volta possibilità di integrazione o, al contrario, modalità differenziate di discriminazione. E’ emersa inoltre,  la percezione di una condizione di svantaggio e di marginalizzazione non solo nel confronto con i residenti italiani, ma anche rispetto ad altre categorie di immigrati.

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