Progetto

“La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettivita' delle tutele”


Relazione sui Focus Group realizzati dal CESTIM di Verona a cura del Dr. Michele Bertani

La fase di programmazione e realizzazione dei focus group e' stata preceduta da una valutazione generale dei risultati emersi dal database di interviste strutturate, somministrate nel periodo marzo-giugno 2007 nelle province di Verona, Bari, Lecce e Brindisi. I dati presenti, ricchi e articolati, offrono numerosi spunti di riflessione. 
E' stato ritenuto opportuno selezionare un numero ridotto di variabili, per ricavare degli elementi da valutare nella fase di somministrazione dei focus group. 
Le due macro aree di riferimento, individuate come primarie ai fini della ricerca, sono la discriminazione percepita e la discriminazione oggettiva.

Per l’analisi della discriminazione percepita è stata considerato come indicatore di tale stato la risposta alla domanda 40 del questionario:  “ti sei mai sentito vittima di discriminazione nel tuo ambiente di lavoro?", che era in forma di variabile dicotomica (si/no). Per l’analisi della discriminazione oggettiva sono stati considerati come indicatori le risposte a due domande del questionario, che permettono una valutazione temporale riferita al passato e al presente: domanda 14: “ti hanno mai detto esplicitamente che non potevano darti un posto di lavoro – in nero o con regolare contratto – perché sei straniero o di una particolare nazionalità?”, risposta in forma di variabile ordinale (mai, raramente, qualche volta, spesso, sempre) e domanda 37.4: “rispetto ai tuoi colleghi ti viene/veniva richiesto di lavorare di più, lo stesso o di meno?”, risposta in forma di variabile ordinale (di più, lo stesso tempo, di meno, non so). La modalità di realizzazione del focus group e la scelta delle persone da invitare hanno tenuto conto dei dati emersi dalle interviste strutturate, in particolare quelli dei settori lavorativi dove risultano maggiori le testimonianze di discriminazione (industria e servizi). Oltre ai rappresentanti di questi due settori sono stati invitati a partecipare anche testimoni di altre categorie che vedono quote significative di lavoratori stranieri, come edilizia e agro-alimentare, per poter avere un quadro più completo sul tema oggetto della ricerca. Per valutare più adeguatamente le testimonianze emerse durante il focus group tra il gruppo di coordinatori è stata inserita una giurista esperta di diritto del lavoro.

I focus group sono stati programmati il 3 e 7 novembre; Il primo ha posto l’attenzione sulle testimonianze  dei lavoratori stranieri ai quali è stato proposto di discutere sul tema della discriminazione etnica. I partecipanti sono stati: M. Bertani, coordinatore e ricercatore per l’Unità di Verona; C. Melegari, direttore di Cestim - Centro Studi Immigrazione, Verona; E. Favé, avvocata e consulente Cestim; V. Avesani e M. Adamoli, Ufficio Anolf - Cisl; nove lavoratori stranieri rappresentanti di diversi settori produttivi. I lavoratori sono stati scelti in base alla loro provenienza geografica e al comparto di lavoro, per poter avere un quadro più ampio possibile sul tema in discussione. Un secondo criterio per la loro scelta è stata un periodo medio-lungo di residenza in Italia. Dopo una breve presentazione da parte del coordinatore sugli scopi della ricerca, tutti i lavoratori presenti sono stati invitati a prendere parola e discutere degli episodi di discriminazione, sia subiti personalmente ed eventualmente quelli riferiti da altri colleghi non italiani. Alcuni dei lavoratori presenti sono anche delegati sindacali. Le posizioni emerse sono da riferirsi solo ad aziende medio - grandi ( la distinzione fatta è la seguente: - piccole imprese: da 1 a 9 dipendenti - medie imprese: da 10 a 49 dipendenti - grandi imprese: 50 dipendenti e oltre), poiché tutti i partecipanti al focus sono inseriti in questo tipo di realtà lavorativa. Non è stato possibile quindi valutare testimonianze di lavoratori inseriti in contesti aziendali di ridotte dimensioni, dove la mancanza di delegati sindacali può rappresentare in alcuni casi una condizione di svantaggio per il lavoratore straniero. Ci sono diverse piccole aziende dove non c’è il sindacato, lì. I casi più invisibili sono lì, purtroppo. E poi questi lavoratori extracomunitari sono ricattabili. Ci sono molto casi di lavoratori stranieri che dopo aver denunciato una discriminazione si sono tirati indietro. (Testimonianza 1, delegato sindacale settore industria, cittadino senegalese). In sede di discussione non sono emersi riferimenti espliciti di discriminazione nell’accesso al lavoro; questi risultano invece presenti sul luogo di lavoro in diverse forme, come l’inserimento di determinati gruppi di lavoratori stranieri solo in specifici reparti, gli insulti con offesa connessa a una presunta caratteristica razziale e un atteggiamento aggressivo o prepotente rivolto solo a lavoratori non italiani. In queste realtà aziendali medio – grandi sono prevalentemente i capoturno e i colleghi italiani che pongono in essere gli atteggiamenti appena descritti. È questa la situazione descritta da Mohammed e da Maria:

"Con il titolare mai avuto problemi, invece è con il caporeparto che ci sono tanti problemi. Prima cosa, va tutto bene quando faccio tutto quello che dice lui: saldare, pitturare, senza maschera, senza protezione. Quando c’è un albero (del giardino fuori dal capannone) da tirar via, lo deve fare il marocchino, cioè io. Passati due anni adesso capisco tutto, perché i miei colleghi italiani non fanno queste cose qua? Perché? Quando ho cominciato a chiedere questo al capo….mi ha detto: tu non sei bravo come prima. Prima facevi...questo, questo, eccetera. Adesso non lo fai più. Ho cominciato a litigare con lui quasi una volta al mese". (Testimonianza 4, operaio saldatore, cittadino marocchino)

"Mi trovo bene, ma esiste il razzismo tra le colleghe di lavoro. (Nel) reparto dove stiamo lavorando siamo in tre. C’è una persona italiana, una rumena e io. (…) Se noi a un certo punto dobbiamo andare a lavorare in un altro reparto perché c’è bisogno, il capo dell’altro reparto dice: la Maria no, non la voglio. Perché non la vuoi? Lei sai chi sono e che lavoro bene. Non la voglio perché è straniera, dice. “Gli stranieri non li voglio lavorare con me”. (Testimonianza 5, socia di cooperativa, operaia in un’azienda chimica, cittadina moldava)

Altri partecipanti al focus group hanno descritto come in certi reparti la presenza di manodopera sia quasi esclusivamente caratterizzata dall’appartenenza a un determinato gruppo etnico o nazionale.

"Io ho cominciato a lavorare nel reparto esterno (all’aperto, dove polli e tacchini vengono agganciati vivi su apposite strutture per entrare nel reparto macellazione). E’ il lavoro più cattivo di tutti i lavori. E un lavoro sporco, c’è merda di pollo e tacchino dappertutto, e puzza. Qui c’è una discriminazione, lavorano in questo reparto solo extracomunitari (…) (Questi lavoratori) si lamentano e chiedono: perché mandano solo noi extracomunitari qua? Perché ci sono italiani in quel reparto, ma sono responsabili, o sono mulettisti, o sono quelli che vanno in giro a prendere qualcosa. Ma non vanno ad attaccare i polli e tacchini". (Testimonianza 6, operaio settore agricolo-alimentare, delegato sindacale, cittadino dominicano)

"Io vedo che ci sono due tipi di lavoro in questa azienda: quello nella zona A, sala taglio e controllo qualità (ci sono solo) solo italiani, e nella zona B, solo extracomunitari ghanesi, senegalesi, nigeriani. Nella zona B non mandano mai gli italiani, lì è troppo duro. Zona B quasi tutti lavoratori neri, ci sono romeni ma sono macchinisti, anche marocchini come macchinisti. Solo un macchinista è nero. La dove attaccano i polli e tacchini là si chiama zona morta, la non ti considerano. (…) Come mai? Il problema è che se mandano lì un italiano, sanno che questo dirà: questo non è un posto per me e mi vado a cercare un altro lavoro più pulito. Sanno che scappa via subito, invece il nero sanno che si adatta perché è difficile trovare lavoro. È un problema grosso, non so". (Testimonianza 8, operaio settore agro-alimentare, cittadino ghanese)

Il secondo focus group è stato realizzato tenendo conto dei risultati emersi dalle testimonianze dei lavoratori stranieri emerse nel primo incontro. I partecipanti sono stati: M. Bertani, ricercatore per l’Unità di Verona; C. Castiglioni, presidente di Cestim - Centro Studi Immigrazione, Verona; E. Favé, avvocata e consulente Cestim, V. Avesani, M. Adiamoli e J.P. Piessou, Ufficio Anolf - Cisl; due rappresentanti della categoria sindacale dell’edilizia, un delegato sindacale metalmeccanico, un titolare di cooperativa servizi e facchinaggio, una responsabile di associazione non profit che facilita l’incontro tra domanda e offerta di servizi domiciliari (colf, badanti, baby sitter), un titolare impresa edile e membro del collegio costruttori provinciale. I partecipanti sono rappresentanti delle categorie sindacali e imprenditori ai quali è stato proposto di discutere sul tema della discriminazione etnica. Dopo una breve presentazione da parte del coordinatore sugli scopi della ricerca, tutte le persone presenti sono state invitate a prendere parola e commentare alcuni testimonianze emerse nel primo focus group, oltre a proporre valutazioni più generali sul tema della ricerca. Le posizioni emerse si focalizzano sulle categorie dell’edilizia, dell’industria metalmeccanica e dei servizi alla persona. Risultano principalmente due gli ambiti che vengono considerati come potenziali elementi di origine di situazioni ed episodi di discriminazione. Il primo è il fattore della competenza linguistica, che a parità di competenze professionali rende incerto, se non addirittura impossibile, l’avanzamento di carriera.

"Quando vai a parlare (dei lavoratori stranieri) con le aziende loro ti dicono “fa fatica a parlare italiano, non lo capisci” allora noi lo mettiamo in un determinato posto, resta lì e sappiamo per la sicurezza che non può fare danni". (Testimonianza 1, sindacalista settore edilizia)

"C’è un deficit linguistico, è ovvio, naturale. (….), questo è un grosso handicap. E tutto caricato sull’impresa, però non sta a me insegnare l’italiano all’extracomunitario. Io non ho quel lavoro lì..ho da far altro. Come non sta a me “mettiti l’elmetto perché ci sono problemi di caduta dall’alto” e questo mi guarda (senza capire) e devo far finta a gesticolare….questo qua…mi riallaccio alla mancanza del sistema". (Testimonianza 3, titolare impresa edile)

Il secondo fattore è legato alla condizione giuridica dello straniero, in particolare alla corrispondenza tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno. È una situazione in cui il lavoratore straniero si sente in qualche modo più vulnerabile nel momento in cui la sua presenza in Italia è condizionata prima di tutto dal contratto di lavoro e poi dal permesso di soggiorno.

"Sulla discriminazione vera e propria tanti ti chiedono di venir a fare le denunce, perché magari subiscono minacce dal datore di lavoro. Ed è difficile quando gli dici di venire a fare una denuncia “ah” mi dicono, “lascia stare, io cambio lavoro”. Avendo la scadenza del permesso di soggiorno è difficile che uno si va a mettere nelle rogne perché sa che perde il lavoro e dopo ha difficoltà nel rinnovo del permesso di soggiorno". (Testimonianza 2, sindacalista settore edilizia)

"Se qualcuno di loro (lavoratori stranieri) viene discriminato è difficile che protesti, ha pochi poteri. Non ne parla. Questo è un problema. Seconda cosa questo dipende dal permesso di soggiorno. Se ho un contratto di un anno che è legato al mio permesso di soggiorno devo pensare al rinnovo. Alla scadenza del mio contratto ti mandano via. A questo punto quando il mio permesso sta per scadere comincio a sentire il fiato sul collo". (Testimonianza 5, delegato sindacale industria metalmeccanica)

Discorso a parte va fatto sulla testimonianza della presidente di un’associazione non profit che svolge consulenza nella sistemazione di assistenze domiciliari (badanti), colf e baby sitter. Il quadro che emerge è molto complesso, e per questo si rimanda alla trascrizione integrale, ma ciò che risulta subito visibile è una forte orientamento da parte della domanda di questi servizi alla scelta di un tipo “ideale” di collaboratore, che deve essere caratterizzato da precisi fattori somatici, etnici e religiosi.

"Quando arriva da noi l’utente, che è un utente di posizione sociale medio alta, la richiesta è specifica: etnia, colore della pelle, sfumatura del colore della pelle, so che è dura ma è così, abitudini di vita….che vanno dalle abitudini alimentari, abitudini comportamentali, e quant’altro e non ultimo religione professata. Pertanto per quando riguarda questo ambito ci sono richieste esplicite in questo senso. (…) Pensi un po’. Abbiamo delle straordinarie persone, molto preparate, anche giovani, soprattutto donne, africane, dal nord al sud, tutta l’Africa, dal Marocco, al Ghana, Nigeria, anche rifugiati politici. Sono improponibili….non è possibile posizionarli in alcun modo. Noi ci proviamo….ma sappiamo già che è così. E quando vengono a proporsi sono delle persone splendide, io non me la sento più di dire “si si, va bene, troveremo un lavoro anche per te” dico è difficile, sai perché dico almeno qui a Verona è difficile per il colore della tua pelle. Io lo dico perché instauriamo un buon rapporto con i nostri operatori, e spesso loro mi dicono “lo sappiamo”. E questo è una cosa che ci fa male, ma è così". (Testimonianza 6, presidente di un’associazione non profit).

 

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Note della trascrizione:

~  le frasi tra parentesi quadre […..] si riferiscono a osservazioni o domande del coordinatore e di altri esperti

~ le parole e frasi tra parentesi tonde (…..) sono interventi in fase di trascrizione per rendere più comprensibile il senso del discorso

~  per rendere più immediato il contenuto del focus group è stato seguito il criterio di trascrivere integralmente gli interventi, solo raramente si è ricorso a qualche modifica che non cambia il senso delle parole ma rende più comprensibile il significato. Non sono stati trascritti gli interventi non pertinenti all’oggetto della ricerca

~ i nomi delle persone invitate sono di fantasia per tutelare la loro privacy