Progetto

“La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettivita' delle tutele”

Relazione sui focus group realizzati dall’Unità di Verona

FOCUS GROUP 1 “Lavoratori stranieri”  - Trascrizione degli interventi


 Testimonianza 1

Moulud, delegato sindacale settore industria (conceria), cittadino senegalese

Nella mia esperienza personale delle aziende dove ho lavorato la discriminazione era sotto gli occhi di tutti. Basta andare in alcune aziende veronesi dove si vedono operai con lo stesso livello…quello lì è nero e fa quel tipo lavoro, quello lì è italiano e fa un altro lavoro. Basta questo per dimostrare che c’è la discriminazione sul luogo di lavoro. E importante far capire al datore di lavoro che gli esseri umani sono tutti uguali….c’è il rischio della sottovalutazione dell’essere umano.

[interviene E. Favé: la discriminazione riguarda tutti i lavoratori stranieri o solo quelli di pelle nera?]

La discriminazione riguarda solo i neri. Siamo riusciti a far ragionare l’azienda su alcuni punti e alla fine l’hanno capito. Avendo più sinergie siamo riusciti a dare delle risposte……ma questa azienda adesso è andata in fallimento. Ma sono sicuro che in futuro questi responsabili, che hanno altre aziende, cambieranno mentalità

[interviene M. Bertani: si fa riferimento ad una azienda dove è avvenuto un episodio specifico?]

 Si, in un’azienda. Ci sono diverse piccole aziende dove non c’è il sindacato, lì. I casi più invisibili sono lì, purtroppo. E poi questi lavoratori extracomunitari sono ricattabili. Ci sono molto casi di lavoratori stranieri che dopo aver denunciato una discriminazione si sono tirati indietro. A Brescia ho seguito alcuni casi di senegalesi che quando sono arrivati davanti al giudice, hanno ritirato la loro denuncia. La discriminazione può essere fatta apposta, ma può essere fatta anche nell’ignoranza. Nel mio caso all’inizio era fatta apposta, ma poi alla fine abbiamo capito che era l’ignoranza da parte dell’imprenditore. Questa è la mia impressione.

 [interviene c. Melegari: l’imprenditore non era consapevole di agire in maniera discriminatoria e quando è stato avvertito che il suo comportamento era discriminatorio ha cambiato atteggiamento?]

 Ha fatto un passo indietro dal momento che ha saputo che quella lì era discriminazione, quando gli abbiamo spiegato. Gli imprenditori hanno un altri tipo di mentalità, loro vedono solo le cifre.

 [interviene C. Melegari: l’imprenditore mette in un certo reparto solo lavoratori stranieri, perché gli italiani non accetterebbero quelle mansioni, perché si adattano a tutto pur di guadagnare?]

 Si, perché loro si adattano a fare quel lavoro lì. Però si parte dal pregiudizio. Come siamo riusciti a uscirne, ci sono giochi e giochetti. Il più furbo vince. (Viene introdotto adesso un caso specifico di offese) Il responsabile ha sbagliato, ha fatto delle offese davanti a tutti. Abbiamo fatto una causa, il mio obiettivo non era quello di andare fino in fondo a questa causa, il mio obiettivo era trovare un accordo prima della sentenza. Il primo che siamo riusciti a far firmare era sulla reciprocità, perché per battere la discriminazione il primo punto secondo me è “tu mi riconosci, io ti riconosco”. Questa reciprocità è un elemento chiave che fa che le persone devono convivere insieme in azienda, perché l’azienda senza lavoratori non va, e i lavoratori senza azienda non vanno da nessuna parte. La collaborazione può essere fatta sulla base della reciprocità

 [Favé: si sta parlando di un episodio di offese da parte del responsabile di reparto?]

Non del caporeparto, ma titolare. L’offesa che si fa di solito qui (nelle aziende di questa zona) è “voi animali venite qui”, questa la brutta parola che a me non piace dire. Il razzismo inizia da questo punto, questo titolare aveva offeso davanti a tutti, da lì e partita una causa. Questo ci ha permesso di costituire un accordo integrativo aziendale.

 

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