Progetto

“La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettivita' delle tutele

Relazione di Jean Pierre Sourou Piessou - Cisl Migranti di Verona

 

LA DISCRIMINAZIONE EFFETTIVA E QUELLA PERCEPITA

La questione della discriminazione è alquanto complessa e difficile da definirsi. Essa assume diverse connotazioni e riveste diversi caratteri. Alcuni sono fenomenali, cioè visibili ed altri sono piuttosto numenali o ontologici. La discriminazione puo anche essere di tipo razziale, religiosa, del colore della pelle, del sesso o di genere e qualche volta è legata all’età. La cosidetta discriminazione del genere per esempio puo essere vissuta in diverse maniere e puo assumere diverse manifestazioni fino a sfociare nella violenza contro delle persone, per esempio la violenza contro le donne ecc.o contro gli omosessuali. Qui parliamo della discriminazione effettiva, cioè reale. Esiste anche un altro tipo di discriminazione. Si tratta della discriminazione percepita, ovverosia una discriminazione non effettivamente compiuta con un atto, un gesto con una persona. E’ semplicemente un sentire un fatto su di sé, ma non facilmente identificabile in quanto non « commesso ». Puo capitare ad ognuno di sentirsi discriminato, cioè trattato diversamente, con « senso » o con modi dispregiativi da una persona o da un gruppo di persone o persino da una istituzione. In questo caso si parla di discriminazionale istituzionale. Si puo subire atti di discriminazione attraverso l’uso di linguaggi vari, parole, atti, gesti e segni ecc.. cosi che puo essere semplicemente un modo di fare e di guardare. A volte non è facile distinguere un atto discrimantorio compiuto cosi com’è facile fraintendere un gesto o un atto, soprattutto se non ha la padronanza della lingua del posto. Capita anche a noi cittadini prendere un gesto per un altro o una parola per un altro, proprio per i motivi che ho detto prima. E ‘ importante dunque riuscire a codificare e decodificare i linguaggi del contesto e quindi essere in grado di comprendere e parlare almeno correntemente la lingua e in questo caso nostro la lingua italiana. La questione però che potremmo porre tenendo anche conto della ricerca condotta nell’ambito delle discriminazioni nel mondo di lavoro è la seguente : quanto puo influire la lunga permanenza di soggiorno di un immigrato sulla sua capacità di capire se effettivamente un atto posto nei suoi confronti è da considerarsi si o non un atto di discriminazione effettiva o percepita ? C’è un nesso tra la propria permanenza e la lettura di forme di discriminazioni subite ? ancora per essere esplicito, un immigrato che soggiorno da piu di dieci anni in Italia è piu in grado di comprendere effettivamente se è discriminato rispetto à chi è appena giunto nella peninsola ? Dalla ricerca condotta fin d’ora sembra proprio di si, che sia piu facile ad un « anziano immigrato » capire meglio quando un atto, un gesto, una parola sia proprio discriminatoria nei suoi confronti rispetto a qualsiasi altro atto. (Dati statistici in grafici sulla discriminazione percepita: Tavola 1  Tavola 2  Tavola 3).
I motivi che favoriscono questa capacità di distinzione sono tanti. Cerchiamo di citarne alcuni che possano illuminarci meglio in questo percorso.Innanzittutto la padronanza linguistica di cui si è in possesso.      

La padronanza linguistica.

La capacità espressiva di un individuo è un « arma » importante per possiedere se stesso e « dominare » il mondo o i mondi che lo circondano. Non solo la lingua di cui è in possesso gli permette di esprimersi, ma anche di agire sulle proprie emozioni, i suo mondo interiore, in breve sul suo sentire e di conseguenze gli fornisce i modi e gli strumenti di osservazione, di rilevamento e di analisi delle situazioni e quelque caso di trovarvi delle soluzioni piu adeguate. Poi è bene non dimenticare il fatto che la lingua veicola cultura, sensibilità e una certa « weltenschauung », fondamentale per situare i propri orizzonti, soprattutto in un contesto nuovo, di vita e di lavoro.

L’esperienza

L'esperienza una grande maestra di vita. La esperienza significa vissuto, cioè un « mixage », il mescolamento della propria vita ad un impegno, in questo caso al lavoro. L’esperienza molto spesso offre all’individuo dei rinforzi e la competenza sia personale che complessiva per valutare delle situazioni e delle realtà. A partire da essa una persona puo capire come e quando deve agire o reagire a secondo il contesto dove si trova ad operare. Nel caso del cittadino/a immigrato/a di lungo soggiorno che abbia maturato nell’ambito di lavoro determinate esperienze anche di contiguità coi suoi colleghi di lavoro o semplicemente nel posto di lavoro, gli deriva talvolta un nsenso di forte appartenenza al luogo che gli permette di capire immediatamente dove si situassero « trappole e topi » da evitare e schivare. Il caso piu classico è quello della distinzione tra un contratto di lavoro fasullo da quello regolare e lecito. E’ piu facile ad un immigrato che vive e lavora in Italia da parecchi anni arrivi a capire questa distinzione, rispetto a chi vive qui da pochi mesi.

La conoscenza del Contesto Lavorativo

« Conoscere meglio ed di più per aver meno paura ». Potremmo intitolare cosi questo passaggio. La conoscenza di se stesso, dei propri difetti e pregi, delle persone, dei luoghi e dei contesti libera da determinate paure o fobie. Soprattutto la conoscenza ci fornisce una serie di spunti e di elementi per capire, per cercare soluzioni a questioni anche piu complicate che uno potrebbe incontrare. La chiave di volta dunque è la conoscenza del contesto sopratutto se tale conoscenza è accompagnata dal savoir faire, savoir être e infine dal savoir agir. Spesso una conoscenza approfondita di un contesto dove si lavoro e quindi dove si passa la maggior parte del proprio tempo a produrre ma anche a vivere delle relazioni di contiguità con altri lavoratori offre una serie di stimoli che possono portarci ad orientare i propri modi di fare, di guardare e di orientarsi senza scorciatoie e senza pregiudizi o sotterfuggi. Non è questo un modo di purificarsi la mente per meglio “vedere”. Riunite queste condizioni, il cittadino immigrato di lungo soggiorno in Italia è in grado di collocare nella casella giusta il tipo o la forma di discriminazione di cui è vittima. Sa descrivere la forma in cui è avvenuto l’episodio, in quale modo senza confondersi facilmente nelle sottigliezze dei particolari. Sa dire esattamente se si tratta di una discriminazione legata alla sua condizione sociale, alla sua provenienza geografico-religiosa o di una discriminazione dovuta al colore della sua pelle. In questo senso ci aiuta la grafica in seguito, sintesi della nostra ricerca. Essa innanzitutto ci dice che esiste effettivamente la discriminazione percepita e quindi non è un invenzione di qualche sociologo di turno. Essa, cioè la discriminazione percepita è sentita e potrebbe assumere delle connotazioni di gravità, perché il cittadino immigrato/a  lo sente sulla propria pelle e in modi diversi. Ci dice inoltre che questo fenomeno è diffuso e non da oggi, perché sia gli immigrati “vecchi” che quelli “nuovi” lo sentono. Ci sono stati addirittura degli anni in cui questa discriminazione percepita ha avuto delle punte massime, come per esempio negli anni ’82-84 e recentemente nel 2006-2007, e questo nell’ambito lavorativo.

Notiamo per esempio che i lavoratori soggiornanti in Italia da piu anni ci dicono che piu sovente si sentono vittime della discriminazione ricollegabile alla loro condizione sociale o alla loro professione religiosa e talvolta al colore della loro pelle. Ribadisco ancora una volta, come confermato dai risultati della nostra ricerca, che chi dimora da piu tempo in Italia, dopo i primissimi anni che si sente discriminato, spesso, per motivi che ho elencato prima, si “accomoda” e in qualche caso si include nel contesto lavorativo coi i responsabili, in relazione coi colleghi e in quasi perfetta simbiosi con l’ambito lavorativo e non riesce piu a ricondurre qualsiasi caso o situazione alla sfera della discriminazione. Si potrebbe pensare ad una forma di assuefazione psico culturale quasi. Mentre il nuovo arrivato fa il contrario, a dire il vero inizia a sentire pesantemente un clima di discriminazione che negli anni poi sente sempre piu pressante. In conclusione possiamo allora asserire che la lettura soggettiva, ma anche oggettiva del fenomeno diffuso della discriminazione è molto legata all’esperienza socio culturale dell’inviduo, sopratutto se tale esperienza è fortemente connessa al contesto stesso in cui si vive o si lavora. Si potrebbe pensare ad una ricerca piu approfondita in tale senso per focalizzare meglio l’attenzione della società civile e delle istituzioni sul fatto che gli impegni forti a favore di un integrazione seria, autentica e riuscita dei cittadini immigrati nel mondo di lavoro offre agli stessi la possibilità di dare un contributo piu proficuo sia nella lettura che nell’analisi del contesto nella direzione di un interazione alquanto dinamica dei cittadini, anche se immigrati.

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